MArRC, livello A
La visita al Museo Archeologico di Reggio inizia dalla Sezione dedicata alle testimonianze preistoriche presenti su tutto il territorio calabrese, individuata come LIVELLO A al quarto piano di palazzo Piacentini. Il percorso procede dal Paleolitico e Mesolitico alle varie età dei metalli, fino alla comparsa dei Greci e il loro rapporto con gli indigeni agli inizi dell’età arcaica (720-600 a.C.)…
Scheda a cura di Chiara Zumbo, Maryam Zaccarelli e Mariagrazia Vazzana – 5^AT a.s. 2020/2021
…I reperti qui esposti testimoniano l’importante evoluzione dell’uomo che da nomade, con la nascita dei primi villaggi, passa ad una vita stabile con la conseguente prima organizzazione sociale. Vi sono importanti reperti sulla lavorazione dell’argilla e soprattutto dei metalli.
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Paleolitico e Mesolitico in Calabria
Il territorio calabrese è cambiato molto dutante il Paleolitico, ovvero da 2,5 milioni di anni fa ad oggi. L’alternarsi di fasi glaciali, interglaciali e terremoti, ha causato l’abbassamento e l’innalzamento del livello del mare, portando un grande cambiamento nelle linee di costa.
Naturalmente alla cronologia geologica si associa la cronologia archeologica secondo la quale sono organizzati i reperti esposti.
Risalenti alla fase più antica, quella del Paleolitico superiore troviamo dei ciottoli scheggiati e dei bifacciali acheuleani, ossia manufatti a forma di mandorla.
Al Paleolitico medio, invece, corrispondono ritrovamenti del cervo rosso, del Bos Primigenius, del cavallo selvatico, del rinoceronte, del leone delle caverne ecc.
Risalenti all’ultima fase del Paleolitico inferiore, infine, in Calabria sono anche stati ritrovati dei resti di mammiferi, ad esempio: l’elefante antico, l’ippopotamo, il daino di Clacton, il bisonte, ecc.
Caratterizzante il periodo del Paleolitico è anche la presenza dell’ Uomo di Neanderthal (1).
La presenza di questa specie in Calabria, è testimoniata dai ritrovamenti di pochissimi frammenti scheletrici. Infatti, da Archi di Reggio Calabria proviene una mandibola riconducibile ad un bambino di 3-4 anni di età. Invece, da Iannì di Nicotera, proviene un frammento di osso cranico anch’esso riconducibile ad una morte infantile.
Un altro sito importante è la grotta del Romito a Papasidero, che si trova a Cosenza ed è una delle testimonianze più importanti del Paleolitico in Italia. Tale sito fu frequentato come campo-base da cui partivano le spedizioni di caccia verso la pianura e i rilievi più elevati. I reperti consentono di ricostruire modi di vita, riti funerari e cerimoniali e pratiche artistiche risalenti al periodo da 24 a 7 mila anni fa circa.
La fama di questa grotta è dovuta anche alle numerose sepolture qui rinvenute, attualmente 9 e tra esse ne troviamo 2 in esposizione. E’ possibile notare, innanzitutto, che uno degli individui fosse affetto da nanismo ed è inoltre emerso, dalle analisi del DNA, che i due soggetti fossero consanguinei. Lo studio di un ulteriore scheletro, affetto da traumi fisici, attesta che la comunità abbia incluso all’interno delle proprie attività anche un individuo disabile.
Sul masso esterno della grotta, è stata rinvenuta l’imponente incisione del Bos Primigenius, simbolo di questo giacimento preistorico e nota a livello internazionale come una delle più alte espressioni artistiche del Paleolitico italiano. La sua cronologia non è definibile con esattezza; su base stilistica, considerando l’intera produzione figurativa italiana, potrebbe risalire ad un momento precedente a 12.000 anni fa. La cura nelle proporzioni e nei dettagli anatomici, il profondo e vigoroso segno del profilo rimandano a ispirazioni dall’ambiente francese; questo conferma l’inserimento della Calabria
Il Neolitico corrisponde a un momento di grandi cambiamenti, infatti ha inizio un nuovo tipo di economia basata sulla produzione del cibo attraverso l’agricoltura e l’allevamento, e sullo sfruttamento delle risorse naturali. La migrazione dei gruppi umani, spinti dall’esigenza di occupare nuove terre da coltivare, rappresenta la principale causa della diffusione del Neolitico in tutto il bacino del Mediterraneo; da Oriente le popolazioni si diffondono rapidamente verso Occidente raggiungendo, intorno al 6.000 a.C. e via mare, l’Italia meridionale e la Calabria.
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Neolitico in Calabria
Scheda a cura di Martina Labate – 5^AT a.s. 2020/2021
Il Neolitico in Calabria si caratterizza per una economia basata sull’allevamento di specie domestiche, come bovini e ovi-caprini, e sulla coltivazione di cereali e leguminose. Riguardo a queste attività troviamo esposti un gran numero di strumenti quali macine, macinelli in pietra e recipienti in ceramica per conservare i prodotti della terra, tutti rinvenuti nella grotta di San Michele di Saracena e appartenenti al periodo tra il VI e IV millennio a.C.
in una rete di contatti su lunga distanza verso la fine del Paleolitico Superiore.
Il Bos è sempre stato, per le culture del tempo, una figura di culto ed era visto come un elemento divino. Sullo stesso masso, al di sotto della principale incisione, è presente una seconda rappresentazione di bovide, tracciata con un tratto più sottile e incompleta.
Successivamente si iniziano a costruire i primi insediamenti(2) stabili in forma di veri e propri villaggi e, tra i molti frammenti di intonaco dell’inizio del VI millennio a.C. del sito di Favella a Corigliano Calabro (Cosenza), ci incuriosiscono quelli sui quali sono state rinvenute le impronte delle dita di chi ha pressato l’argilla. Incredibile!
A quest’epoca appartiene anche l’uso di materiali come la selce(3), l’osso e l’ossidiana, lavorati tramite scheggiatura per la realizzazione di oggetti di uso quotidiano come lame, lamette, punte, punteruoli, spatole e asce, utilizzate per le attività di disboscamento e dissodamento del terreno per l’agricoltura. Tali utensili risalgono al III-VI millennio a.C., ritrovati in varie località come Grotta San Michele, Favella della Corte e Piana di Acconia.
Nel Neolitico la ceramica(4) non fu usata solamente per realizzare vasi per conservare o cuocere gli alimenti, ma anche per modellare statuine femminili che rappresentavano fertilità, femminilità e maternità e per elementi di corredi delle sepolture. Attraverso i reperti esposti possiamo osservare come durante il Neolitico in Calabria si sono diffusi vari stili di ceramica.
Nel Neolitico Antico troviamo lo stile della ceramica impressa, caratterizzata da una decorazione di motivi impressi, realizzati con strumenti occasionali (punte, dita, unghie, conchiglie, ecc.) e disposti in modo disordinato; nella fase più evoluta o fase di Stentinello i motivi sono triangoli, tratti, rombi, cerchi, ecc., ottenuti imprimendo veri e propri punzoni di terracotta e legno e si dispongono in fasce variamente combinate tra loro. Per creare un effetto di policromia le impressioni venivano riempite di pasta bianca, gialla e rossa in modo da farle risaltare sullo sfondo scuro del recipiente.
Nel Neolitico Medio si assiste allo sviluppo della pittura vascolare con lo stile delle ceramiche a bande rosse, i cui motivi caratteristici sono costituiti da fasce, festoni, bande, triangoli, cerchi e rombi; successivamente con lo stile della ceramica tricromia, i cui motivi in rosso sono marginati da linee nere, ed infine con lo stile di Serra d’Alto.
Il Neolitico recente è caratterizzato dallo stile Diana-Bellavista e dallo stile Spatarella.
Una particolarità è costituita dai vasi di Cassano Jonio, rinvenuti nella grotta di S. Angelo III e risalenti alla seconda metà del VI millennio a.C., che recano isolati 5 segni che sembrano rimandare a oggetti/elementi reali schematizzati: una spiga di grano, un triangolo monte, una croce-stella, la testa di bue e un elemento vegetale. Ci domandiamo quale sia stato il loro significato: anche gli studiosi non sanno dare una risposta certa, forse erano marchi di proprietà o segni dal valore magico rituale. Il mistero di questi oggetti così antichi ci affascina!
Durante l’ultima fase del Neolitico si diffonde in tutta Europa l’uso dell’aratro che, trainato da bovini, permetteva di estendere rapidamente su ampie superfici le coltivazioni. Si sviluppa Età dei Metalli, in cui gli uomini iniziarono la lavorazione dei metalli per la realizzazione di armi e utensili di vario tipo, abbandonando progressivamente l’utilizzo della pietra. E’ durante l’Età dei Metalli(5) che avviene il passaggio dalla Preistoria alla Storia.
I minerali di rame erano diffusi in tutta la Calabria; non sappiamo quando le miniere calabre abbiano iniziato ad essere sfruttate, ma numerosi oggetti risalgono alla metà del IV millennio a.C. L’uomo iniziò a fondere il rame per realizzarne utensili e armi, pur continuando ad utilizzare ancora attrezzi in pietra e in osso. Infatti, nelle teche relative ai reperti di quest’epoca, numerosi sono gli strumenti in pietra levigata utilizzati per l’estrazione mineraria.
L'età del bronzo, caratterizzata per l’appunto dall'utilizzo della metallurgica del bronzo, si estende in Europa dal 3400 al 600 a.C. circa.
La Calabria, centro del Mediterraneo, è sede di villaggi che inizialmente si trovavano vicino alla costa, successivamente vengono trasferiti su alture delimitate da pareti a strapiombo. In essi si diffondono nuove tecniche di coltivazione basate sul principio di rotazione delle colture di cereali e legumi.
Si sviluppò inoltre la prima vera policoltura mediterranea con l’introduzione della coltura dell’ulivo, del noce, del fico, della vite ed altri alberi da frutto…
Il nostro percorso nell’età del Bronzo in Calabria prosegue con la documentazione grafica relativa alle dimore e alle pratiche di sepoltura. Durante la fase media dell'età del Bronzo termina la frequentazione delle grotte, che venivano utilizzate per molteplici scopi, sia come dimora che come sepoltura o per professare il proprio culto. Si costruiscono capanne dalla forma per lo più allungata e con fronte rettilinea, le cui dimensioni dipendevano dal numero dei membri delle famiglie.
La prima Età del Ferro (950-720 A.C) è un periodo di straordinaria fioritura per la Calabria che si trovò al centro di fiorenti rotte marittime. Le società locali si rinnovarono profondamente, il potere era condiviso da numerose famiglie i cui maschi adulti portavano le armi, partecipavano alla difesa, avevano gli stessi diritti politici ed erano in grado di accumulare un patrimonio privato di terra e di bestiame. Alcune ampie famiglie (gentes) si arricchirono più delle altre e acquistarono maggiori privilegi. Fu l’inizio o della società di classe.
Siamo così arrivati alla parte conclusiva del nostro percorso, al passaggio dalla Preistoria alla Storia. Nella nostra regione si intrecciano rapporti tra popolazioni locali, mercanti fenici e coloni greci.
Agli inizi del I millennio a.C. la ripresa di intensi traffici mediterranei, di cui i primi attori erano i Fenici, coinvolge nuovamente la Calabria. Ai Fenici si affiancano i Greci dell’Eubea, la grande isola a Nord dell’Attica: inizia così nella prima metà dell’VIII secolo a.C. la colonizzazione greca dell’Italia meridionale e della Sicilia.
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Greci e indigeni in Calabria
Nel 730 a.C. i coloni di Calcide fondano Rhegion, l’attuale Reggio Calabria, e successivamente i Greci di altra provenienza fondano le colonie di Sibari (alta Calabria), Crotone, Caulonia e Locri Epizefiri.
E’ la fine di un’epoca: moltissimi villaggi enotri (enotri: antica popolazione italica) vengono abbandonati e la popolazione assorbita nel nuovo ordine sociale e politico delle colonie greche. Gli oggetti tipici dell’identità indigena sono presto sostituiti da quelli greci.
I reperti che appartengono a questo periodo di transito sono perlopiù vasi (es.: brocca con il disegno molto raffinato della spiga), ma anche punte di lancia, rocchetti, vari tipi di ciotole, tazze, bracciali, collane e anelli.
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Età del Rame in Calabria
Scheda a cura di Asia Romeo e Ilenia Maria Scopelliti – 5^AT a.s. 2020/2021
I rituali funerari
Nel corso dell’ Età del Rame, tra il 3600 e il 2200 a.C., in Italia meridionale coesistono diversi rituali funerari: le deposizioni dei defunti nelle grotte naturali, le sepolture collettive dentro piccole tombe a camera scavate nella roccia ma anche le sepolture individuali in fossa, sia di salme, sia dei resti cremati dei defunti.
Infatti una pratica molto diffusa è la cremazione la cui tradizione in Calabria risale al Neolitico e si protrae nell’ Età del Rame e del Bronzo.
Nel corso dell’ Età del Rame iniziale sono note sepolture in grotta (es. grotta S. Sebastiano di Bagnara Calabra), dove la dispersione delle ossa ha suggerito l’ipotesi che venissero praticati rituali particolari. Le tombe individuali erano destinate a personaggi di spicco della comunità.
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Età del Bronzo in Calabria
Scheda a cura di Emanuela Trapani e Sabrina Vento – 5^AT a.s. 2020/2021
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Prima età del Ferro in Calabria
Scheda a cura di Marieme Barry, Giovanni Catalano e Leonardo Morabito – 5^AT a.s. 2020/2021
L’intensità dei contatti della Calabria con le comunità del Mediterraneo orientale si coglie reperti dei beni di maggiore scambio. Molto diffusa sul nostro territorio era infatti la ceramica dei micenei (popolo della Grecia continentale), di cui vi è ampia testimonianza con l’esposizione di bellissimi reperti. Questa ceramica era realizzata con argille chiare e ricca di decori.
Altre due manifatture diffuse erano:
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la ceramica grigia tornita, rifinita in maniera accurata ed elegante;
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i dolii, contenitori di terracotta ispirati ai pithoi (grandi giare per immagazzinare alimenti), di forma quasi sferica e di grandi dimensioni, che servivano a conservare l'olio. Molto particolare è l’esemplare a quattro anse, due sotto l'orlo e due sotto il corpo, e un coperchio con quattro anse alla base.
Variano anche i tipi di sepoltura, infatti sono testimoniate in Calabria diverse pratiche, quali la sepoltura a inumazione e la sepoltura a cremazione sempre più prevalente fino alla fase finale dell’età del Bronzo anche in tutto il resto dell'Italia.
Nel primo caso si seppellivano i cadaveri in una fossa scavata nel terreno, come nelle piccole tombe a grotticella artificiale di Santa Domenica di Ricadi (Vibo Valentia) che accoglievano più individui inumati di una famiglia.
Nel secondo caso invece si trattava di una pratica che consisteva nel ridurre il cadavere nei suoi elementi di base, gas e frammenti ossei, tramite il fuoco. Questa pratica rivela un profondo sentimento religioso che lega l’uomo alle divinità celesti, e in particolare al Sole. Di questo tipo di sepoltura sono state trovate testimonianze in località Cannitello.
Le ossa cremate del defunto erano accuratamente raccolte, lavate, riposte in un panno e deposte nell’urna di ceramica.
Il corredo funerario veniva a volte arso sul rogo insieme al defunto, a volte invece deposto integro. Per le donne, si tratta soprattutto di ornamenti e oggetti legati al vestiario, come fibule, spilloni e perle di collana, per i maschi spilloni o fibule, a volte il rasoio, mentre le armi sono rarissime e connotano solo poche sepolture fuori dall’ordinario.
Le donne, la tessitura ed il culto
Alle donne calabresi era riservata l'amministrazione della casa e dei beni che vi si producevano, del culto domestico e forse anche quello comunitario. La tessitura era praticata dalle donne, rivestiva un ruolo molto importante e veniva praticato dalla Matrona, ovvero la moglie del capofamiglia. Numerosi sono i reperti esposti di tutti quegli attrezzi che servivano per le varie fasi della lavorazione, come il fuso, i rocchetti, i pesi e l'asticina. La tessitura aveva una rilevanza quasi religiosa, infatti i grandi pesi da telaio avevano delle decorazioni raffinate. I riti erano affidati alle donne: nelle tombe delle Matrone sono stai rinvenuti dei coltelli per tagliare le carni dei sacrifici e delle brocche per le bevande da offrire agli dei.
I dislivelli sociali
Verso la fine dell'Età del Ferro si crearono i dislivelli sociali: erano poche le famiglie aristocratiche che possedevano gran parte della ricchezza e del potere politico.
Gli abiti sia maschili che femminili erano ricchi di decori; le donne si acconciavano i capelli e portavano orecchini, anelli, bracciali; uomo portava con sé le armi che possedeva, come la lancia e la spada appesa al pettorale. Le tombe identificavano i livelli sociali: la tomba di una donna aristocratica si presentava ricca di oggetti preziosi, come pendagli d'oro, fusaiole, anelli, collane e bracciali; le tombe delle donne di una classe sociale più bassa erano sprovviste di decori e avevano oggetti usati nella vita di ogni giorno: brocche e vari tipi di vasi.
Una comunità di guerrieri. Le armi e le gerarchie.
Importante era l'organizzazione militare, i maschi venivano educati alla guerra sin da bambini mantenendo la qualifica di guerriero per tutta la vita, come dimostrano le armi nei corredi funebri.
Cambiano le tecniche di combattimento: l'arma più diffusa è la lancia, le spade sono corte e adatte ai duelli ravvicinati, hanno foderi rivestiti di una lamina in bronzo con finiture in avorio. Nulla si è conservato delle armi di difesa in legno o cuoio, come elmi e scudi.
Altri reperti particolari:
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una pisside di forma cilindrica poggiata su tre piedi, ha un coperchio con sopra dei quadrupedi, si presume che contenesse degli unguenti per la cura del corpo. Nella stessa teca è esposta una varietà di vasi decorati con disegni geometrici.
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una varietà di vasi con motivi decorativi perlopiù geometrici; spicca quello decorato con figure di cigno alternate ai simboli del sole.
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pesi di diverse dimensioni decorati con motivi a meandro.
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piccolo contenitore antropomorfo.
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asce rivestite in bronzo che venivano usate per tagliare la carne e il legno.
Tutor: prof.ssa Anna Benedetto
Sintesi tratta dalla documentazione presente in museo nei pannelli esplicativi e nelle didascalie dei reperti.
Nota (1): I Neanderthal, chiamati così perché il primo esemplare fu trovato in Germania presso la valle del fiume Neander, erano diffusi in Eurasia ed erano di corporatura più massiccia rispetto all’Homo Sapiens e con degli arti inferiori molto corti, come conseguenza all’adattamento ai climi freddi.
Nota (2): La tecnica di costruzione delle abitazioni si differenziava tra capanna e casa. Mentre le capanne erano costruite con pali, rivestiti da uno strato di argilla, paglia e pelli di animali; le case avevano un’unica grande stanza centrale, realizzata con mattoni di argilla e paglia, in un angolo si trovava un focolare. Lo spazio tra le abitazioni comprendeva anche aree adibite a coltivazione, recinti per gli animali domestici e strutture adibite alle diverse attività artigianali
Nota (3): La selce è una roccia sedimentaria di origine marina quasi interamente costituita da silice, un composto che le conferisce una particolare durezza e la rende tagliente; l’ossidiana, un vetro naturale di origine vulcanica.
Nota (4): La lavorazione dei metalli ha rappresentato un’acquisizione fondamentale per le civiltà dell’uomo, e fu raggiunta in modo indipendente in varie parti del mondo; in Europa la lavorazione per fusione inizia poco prima del 5.000 a.C. Il processo di sviluppo della metallurgia è stato graduale e all’inizio piuttosto lento.
Nota (5): L’Età dei Metalli si suddivide in tre periodi:
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Età del Rame, in cui l’uomo iniziò a fondere il rame anche se continuò a realizzare attrezzi soprattutto in pietra e in osso.
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Età del Bronzo, in cui l’uomo si accorse che mescolando il rame con lo stagno riusciva ad ottenere una lega molto resistente alla quale fu dato il nome di bronzo. Iniziò a produrre lance, spade, stoviglie e statue.
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Età del Ferro, che fu l’ultima fase della Preistoria. In questa età l’uomo inventò la ruota.