I venti e le correnti che caratterizzano lo stretto di Messina e le conseguenti difficoltà per la navigazione, hanno contribuito a creare miti e leggende. I più noti sono quello che gli antichi chiamarono Scilla (colei che dilania), sulla costa reggina e Cariddi (colei che risucchia), sulle sponde di Messina.
Evitare Cariddi significava passare troppo vicino a Scilla e viceversa. Per queste ragioni, tutti i naviganti stavano lontani da questi luoghi. Nell’Odissea Scilla e Cariddi sono due mostri che fanno da ostacolo al viaggio per mare che Ulisse deve compiere per tornare a Itaca.
Il mito di Scilla viene raccontato nel XIV libro delle Metamorfosi di Ovidio, che la presenta come una ninfa di incredibile bellezza, che era solita recarsi sugli scogli di Messina per passeggiare sulla spiaggia e fare il bagno nelle acque cristalline. Una sera, incontrò un dio marino che un tempo era stato un pescatore di nome Glauco. Secondo la leggenda Glauco si innamorò pazzamente della ninfa e andò dalla maga Circe per chiederle un filtro d’amore, ma quest’ultima a sua volta si invaghì di lui. Dopo essere stata rifiutata, Circe, offesa e rosa dalla gelosia, decise di vendicarsi sull’innocente Scilla, che non aveva nessuna colpa. Così la maga preparò una pozione magica che versò nelle acque in cui Scilla nuotava, tramutandola in un mostro con le teste di sei cani attorno alla vita e con tre file di denti. Scilla era divenuta immortale e seminava strage e terrore tra i naviganti che le passavano vicino.
Anche il mito di Cariddi viene presentato come una bellissima ninfa figlia di Poseidone e Gea, famosa per possedere una smisurata ingordigia, golosa e insaziabile. Cariddi era però anche incline ai furti e così un giorno rubò a Eracle una mandria di buoi che divorò. Eracle, figlio di Zeus, si adirò con Cariddi, e così per vendicarsi invocò suo padre che per punirla del suo gesto le scagliò addosso un fulmine e la gettò nelle acque dello Stretto di Messina, trasformandola in un mostro. Omero fu il primo a parlarne, dicendo che il mostro ingoiava tre volte al giorno un enorme quantità d'acqua per poi sputarla, creando vortici e forti correnti capaci di affondare qualsiasi nave.
Ricerca ed elaborato grafico a cura di: Ilaria Aquilino, Ibtissam El Arbaoui, Daniele Roda,
Fonti: Miti e leggende siciliane, La leggenda di Scilla e Cariddi www.guidasicilia.it