Palazzo Alvaro, sala Consiliare
Scheda a cura di Letizia Battaglia, Kawtar Chouaib , Antonella Morabito e Christian Pio Spanò – 5DT a.s. 2020/2021
Entrare nella Sala del Consiglio vuol dire immergersi nella vita politica della nostra Provincia.
E’ questo il luogo di riunione della Città Metropolitana, un ambiente molto grande e luminoso grazie alle ampie porte-finestre. Lo spazio, gli arredi in legno e le molte opere esposte ci trasmettono con immediatezza che questa sala è stata ed è uno degli ambienti più rappresentativi per la città. Essa è intitolata a Leonida Repaci, scrittore, saggista, drammaturgo nativo di Palmi; era stata devastata durante il secondo conflitto mondiale ma poi completamente recuperata intorno agli ’50 e rinnovata attraverso opere musive, bronzi e bassorilievi marmorei di rilevante qualità, secondo un programma iconografico unitario inteso a celebrare la memoria storica della Provincia.
Al centro del soffitto della sala è collocato un dipinto su tavola dell'artista romano Orazio Amato.
Esso raffigura in chiave allegorica “La città del sole”, una delle opere più importanti del filosofo calabrese Tommaso Campanella, nato a Stilo nel 1568 e appartenente all’ordine dei Domenicani, che per le sue teorie filosofiche fu considerato eretico e subì ben cinque processi trascorrendo 27 anni in prigione a Napoli.
Nel dipinto il personaggio rappresentato a destra, seduto e nell’atto di scrivere, è Tommaso Campanella; infatti, egli indossa la veste tipica dei frati domenicani.
La costruzione piramidale sullo sfondo è la rappresentazione della teoria ideale di Campanella sulla migliore forma di governo, espressa in una città eretta su un alto colle, circondata da sette cerchia di mura ognuna delle quali porta il nome di uno del sette pianeti, mentre le entrate per accedere alla città sono quattro, situate in corrispondenza dei quattro punti cardinali. Alla sommità del monte si trova un tempio di forma circolare, costituito da colonne e una grande cupola, consacrato al Sole.
Gli altri personaggi raffigurati nel dipinto appaiono intenti in varie attività, ricreative ma anche di studio, in piena armonia tra loro. Infatti, secondo la teoria di Campanella gli abitanti della città lavorano per sole quattro ore al giorno, il tempo restante veniva impiegato in attività ludiche che però dovevano sempre avere un fine riconducibile al sapere. La società della Città del Sole si basa sulla comunione dei beni mentre la proprietà privata, che scatena i conflitti tra diversi membri della società, non esiste; non esistono servi e padroni, a tutti si insegnano le stesse arti che hanno tutte pari dignità.
Le leggi sono scolpite su tavole di rame, come quella che nel dipinto tiene in mano il personaggio in piedi a sinistra, e impongono una rigorosa condotta di vita.
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La Città del Sole è un’utopia che ci fa sognare poiché è un modello di società perfetta basata sulla giustizia e sull’uguaglianza, senza individualismo ed egoismi, dove non c’è la guerra e il male è cancellato dalla solidarietà, dalla fratellanza e dall’amore.
Un grande insegnamento!
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Mi ha anche particolarmente colpito ciò che ho appreso circa l’idea di istruzione. Infatti l'educazione dei bambini, che vengono cresciuti in comune, si basa sull'”imparare giocando”; vengono fin da piccoli, all'età di tre anni, separati dalla propria famiglia e cominciano ad essere istruiti da maestri, che portano i bambini ad ammirare le mura della città poiché colme di tutto il sapere che un cittadino deve possedere, e valutano in quale attività i bambini siano più interessati e portati. Attraverso le immagini raffigurate nelle mura e i libri che vi sono scolpiti, i bambini acquisiscono ben presto un sapere enciclopedico. La scuola non si svolge al chiuso perché ai ragazzi non deve essere imposta l'istruzione. Che grande idea!
Retrostante alla postazione riservata alla Presidenza, è collocato un grandioso bassorilievo marmoreo raffigurante I Fasti di Reggio e della Calabria, opera dello scultore Alessandro Monteleone.
Nel bassorilievo sono rappresentati 5 episodi, collocati in diversi momenti temporali, che hanno caratterizzato la storia della città di Reggio Calabria.
Al centro della composizione è situata una figura di donna bella e regale assisa in trono, che simboleggia la Patria.
E’ rappresentata in una posa dinamica per la torsione di profilo del volto e delle gambe, il braccio destro è appoggiato sullo stemma della Provincia e il vestito mette in risalto le sue morbide forme, mentre i capelli, raccolti in un’acconciatura del tempo, incorniciano un volto dall’espressione risoluta. Alle sue spalle si intravede un tempio di ordine dorico sormontato da una quadriga simbolo del trionfo e della vittoria.
Tutt'intorno vengono rappresentati cinque momenti storici del territorio.
Il contributo artistico di Monteleone si amplia con le transenne delle tre tribune, nelle quali prosegue la narrazione storica delle tradizioni locali.
Nella prima transenna è rappresentato Pitagora di Reggio, il più grande scultore in bronzo dell’occidente greco, mentre modella i cavalli della grande quadriga. Assistito dai suoi discepoli, è intento a curare minuziosamente i particolari delle sue sculture secondo l'attenzione tipica dello stile severo che si concentra sulla struttura dell'anatomia indagata in tutto complesso.
Nella transenna centrale sono raffigurate le produzioni della nostra terra. Al centro lo stemma del patrono reggino, con San Giorgio nell’atto di uccidere il drago, divide la scena in due parti, a sinistra è la raccolta delle olive per la produzione dell’olio, a destra la raccolta degli agrumi.
Nell’ultima transenna Filippo IV domina centralmente la scena seduto nell’atto di concedere a Reggio il privilegio per l’ammasso della seta e l’istituzione dei telai. Ai suoi lati sono rappresentate figure intente a raccogliere i bachi, lavorare ai telai la seta e mostrare i filati realizzati con questo prezioso materiale
Al centro della sala consiliare vi è un grande mosaico pavimentale opera dell’artista Ugo Ortona che rappresenta una figura simbolica, la Vittoria Brutia, come si evince dalla scritta in greco “BPETTIΩN”.
La figura è rappresentata di profilo in una posa dinamica con la chioma al vento e tra le braccia lo scudo e la lancia. La fisicità è massiccia, quasi maschile, a rievocare la forza per la conquista della Magna Grecia da parte dei Brettii.
La Vittoria Brutia è circondata da immagini ispirate alle figurazioni monetarie magno-greche, come i quattro tridenti che richiamano il nostro mare, agitato e dominato dal dio Poseidone. Altro simbolo è l’aquila, animale che rappresenta la potenza cosmica, che ha il dominio assoluto dell’aria, consacrata a Zeus e portatrice di fulmini. Il tripode infine richiama alla mente il culto di Apollo e il premio che veniva assegnato ai vincitori.
In alto a sinistra, Zaleuco di Locri, primo legislatore del mondo occidentale, che stila il primo codice scritto di leggi e pene che purtroppo non è giunto a noi. E’ rappresentato seduto con affianco una figura con scudo e lancia che probabilmente identifica Atena, dea della sapienza.
Segue la raffigurazione dei Reggini che respingono gli assalti dei Cartaginesi di Annibale sotto le mura della città, episodio questo che ricorda come Reggio fu l’unica in Calabria a rimanere fedele a Roma e alla propria indipendenza. La scena è rappresentata in maniera dinamica soprattutto dietro le mura dove i soldati sono intenti a compiere ognuno un'azione diversa. Sul portale d’ingresso si legge la scritta “Rhegium”, mentre oltre le mura giacciono i corpi ormai privi di vita dei nemici.
Centralmente è rappresentato il monaco Barlaam di Seminara, filosofo, matematico, e Vescovo cattolico di Gerace, che diede un importante contributo attraverso la riscoperta dei testi greci. E’ ritratto seduto dietro uno scrittoio, con i suoi testi, mentre insegna il greco probabilmente al poeta Petrarca e ad altri discepoli.
Nel rifascio inferiore destro è rievocato lo sbarco di Garibaldi a Melito Porto Salvo avvenuto nella notte tra il 18 e il 19 agosto 1860. Le vele della barca sono da sfondo alla scena in cui Garibaldi, accolto dalla popolazione reggina, riceve un dono da una donna. Fanno da cornice i volontari reggini armati che il senatore liberale Agostino Plutino presentò al generale per unirsi ai garibaldini e conquistare Reggio.
Conclude la narrazione la fucilazione dei Cinque martiri di Gerace. Il sacrificio umano avvenuto nel 1847 per l’affermazione dei princìpi di libertà in Calabria, è qui rappresentato nel momento immediatamente prima la fucilazione. Le cinque figure di uomini inginocchiati e bendati sono Michele Bello, Pier Domenico Mazzoni, Gaetano Ruffo, Domenico Salvadori e Rocco Verduci. Poeti e sognatori, vicini agli ideali della carboneria, portatori e testimoni di una morale che imponeva di essere tolleranti e rispettosi nei confronti di tutti gli uomini e della loro dignità. Davanti a loro sono schierate cinque guardie borboniche pronte a premere il grilletto, mentre un sacerdote prega per le loro anime. I loro corpi, in segno di disprezzo, saranno poi gettati nella fossa comune detta “la lupa”.
Altri due mosaici a parete ritraggono eventi storici della nostra città. Si tratta del “L’approdo a Reggio di S. Paolo” e “Il ritorno dei reggini dopo la battaglia di Lepanto del 1571” opere dell’artista A. Mori.
Nell’approdo a Reggio l’apostolo S. Paolo è ritratto mentre predica al popolo a bordo della nave che lo ha portato nella sua tappa reggina. Di lato è situata la colonna in fiamme in ricordo del miracolo avvenuto durante la sua predicazione in città.
La leggenda infatti racconta che all’apostolo fu concesso il tempo di predicare il Vangelo di Cristo solo per la durata della fiamma di una candela posta sopra una colonna. Ma una volta consumata la candela cominciò ad ardere la colonna stessa dando il tempo a S. Paolo di convertire la popolazione.
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L'altro mosaico ci riporta nel lontano 1571 quando la flotta calabrese rientrò vincitrice dallo scontro di Lepanto contro i Turchi.
All’armata navale cristiana sotto l’egida del Papa Pio V, si sono uniti oltre tremila calabresi e tre galere, rappresentate sullo sfondo, tra cui quella di Reggio organizzata da Gian Paolo Francopetra, forte dei suoi trentadue cannoni.
In primo piano sfila il corteo di cavalieri e soldati che espongono vittoriosi l'armatura e le bandiere dei Turchi sconfitti, tutta la scena è solenne e ravvivata dal tripudio di colori delle tessere di mosaico.
Tutor: prof.sse Anna Benedetto e Annamaria Esposito