All’interno della Pinacoteca, nel salone centrale, sono esposti i più importanti dipinti del XVIII secolo ed un gruppo marmoreo d’eccellenza, attribuito al famoso scultore cinquecentesco Pietro Bernini, che rappresenta “Laocoonte e figli”.
Il gruppo scultoreo è composto da tre figure, il Laocoonte e i suoi due figli, e narra un momento tragico, ovvero l’aggressione dei tre personaggi da parte di serpenti marini. Quest’opera del XVI secolo rappresenta il sacerdote Laocoonte seduto su un altare, i figli vengono posti ai lati del padre e vengono rappresentati mentre cercano di liberarsi dall’attacco dei serpenti. Il gruppo scultoreo, in parte incompleto, è una copia del Laocoonte vaticano; realizzata in marmo, ha dimensioni di 110x120 cm.
Il figlio rappresentato a destra ha le gambe tornite e prive di struttura muscolare, le caviglie si presentano robuste, le braccia appaiono morbide con la caratteristica di non assottigliarsi nella parte del polso, le spalle sono strette, il collo è inclinato verso sinistra. Per quanto riguarda il volto, la bocca è socchiusa e ha un’espressione sofferente. Inoltre ha le sopracciglia inarcate e gli ricadono i riccioli sulla fronte. La figura del ragazzo a sinistra (purtroppo acefala), ha la gamba destra rivolta all’esterno, con il ginocchio molto robusto. Per quanto riguarda il Laocoonte, le increspature che segnano l’espressione evidenziano le sopracciglia sottili ad angolo acuto ed inclinate verso il basso e gli occhi allungati e stretti. La tecnica dell’artista riesce ad attribuire al gruppo scultoreo un’impressione di movimento trattenuto e bloccato. Anche il panneggio, che si presenta rigido in pieghe triangolari, è tra le più note caratteristiche identificative del Bernini.
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Note storico-critiche
All’inizio l’opera non viene assegnata con certezza all’autore, ma da alcune caratteristiche e solo a seguito di approfonditi studi il critico dell’arte Alessandra Migliorato ha rilevato che alcuni elementi stilistico-iconografici presenti nell’opera reggina erano attribuibili a Pietro Bernini, poiché ricordano i modelli tosco-romani del manierismo, evidenti in alcune delle sue sculture presenti in Calabria.
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1. Il confronto dell’opera calabrese con il Laocoonte dei Musei Vaticani
Il gruppo scultoreo presente a Reggio, ritrovato dopo il terremoto del 1908 presso il Seminario di Reggio Calabria, si ispira al gruppo antico scoperto a Roma nel 1506.
Il gruppo scultoreo in marmo, risalente al I secolo a. C – III secolo d. C., custodito presso i Musei Vaticani, attribuito da Giuliano da Sangallo ad Agesandros e ai suoi figli Athenodoros e Polydoros, è una copia romana scolpita in marmo e misura 242 cm di altezza.
Il ritrovamento del gruppo ellenistico fu considerato un evento molto importante, infatti, Michelangelo e Giuliano da Sangallo assistettero alla scoperta, Venne acquistato da Papa Giulio II che lo fece collocare nel Cortile del Belvedere. In seguito al Trattato di Tolentino concluso tra Francia Repubblicana e Stato Vaticano, la scultura tra 27 e 28 luglio 1798 fu trasferita al Museo del Louvre di Parigi. Infine, in seguito al Trattato di Vienna, tornò al Vaticano ed è tuttora conservata presso i Musei Vaticani, precisamente al Museo Pio-Clementino di Città del Vaticano.
Gli scultori del periodo ellenistico abbandonarono l’idea del corpo umano scolpito come misura e modello di equilibrio e per tale motivo i personaggi sono rappresentati nel momento drammatico, ovvero durante l’aggressione dei serpenti marini. I corpi assumono così posizioni scomposte e instabili che comunicano maggior dramma e dinamismo.
A differenza dell’opera calabrese, quella dei Musei Vaticani è più complessa e ha un contenuto forte di pathos, uno stile che indica le due forze che regolano l’animo umano ovvero “soffrire” ed “emozionarsi”. Inoltre in questa scultura i muscoli delle tre figure sono scolpiti e i dettagli ben definiti, mentre in quella del Bernini si intravedono appena; il gruppo scultoreo ellenistico presenta anche un notevole chiaroscuro dato dalla complessità e le posizioni dei personaggi, che invece in quella calabrese non c’è. Ci sono anche degli elementi simili tra le due opere, come il corpo robusto e in torsione del Laocoonte che si sviluppa lungo una linea trasversale che parte dalla gamba sinistra stesa e continua lungo il corpo; i tratti del volto appaiono cupi e lo sguardo è rivolto verso l’alto mentre la bocca è aperta, contorta in una smorfia di dolore.
2. Il confronto con il Laocoonte degli Uffizi
Del Bandinelli è la prima e più famosa copia in marmo in scala, scolpita nel 1523 e oggi conservata agli Uffizi. Questa copia si differenzia dal gruppo calabrese per una o più accentuata levigatezza della muscolatura e per la testa del Laocoonte che qui appare frontale, mentre in quella del Bernini è più rivolta verso sinistra. Invece quello che accomuna le due opere è la posizione dei personaggi.
Il mito
Laocoonte è il mitico sacerdote troiano, figlio di Antenore, addetto al culto di Apollo. Nell'Eneide si narra che sconsigliò ai Troiani di introdurre a Troia il cavallo di legno lasciato dai Greci ingannevolmente come voto; ma quando lo colpì con la sua lancia due serpenti venuti dalla vicina isola di Tenedo assalirono e soffocarono i suoi due figli e lui stesso accorso ad aiutarli. I Troiani, credendo che il Laocoonte fosse stato ucciso dagli dei per punizione, portarono il cavallo all’interno della città, causando la rovina di Troia.
Pinacoteca civica, sala 5
Tutor: prof.ssa Anna Benedetto
Scheda a cura di Sansiera Gani, Caterina Mallamaci e Maria Aurora Triscari - classe 5^DT a.s. 2021/2022
Breve biografia dell’autore
Pietro Bernini, nato a Sesto Fiorentino nel 1562, si formò in Toscana presso Rodolfo Sirigatti. Quando era ancora giovane si trasferì a Roma, lavorando come pittore presso la villa del cardinale Alessandro Farnese a Caprarola. Entrò in contatto con la famiglia dei della Porta, iniziò a dedicarsi esclusivamente alla scultura, facendosi conoscere con l’attività di restauro di statue antiche che venivano completate e spesso totalmente reinterpretate con l’aggiunta di pezzi moderni. Nel 1584, si trasferì a Napoli, dove eseguì numerose opere rivolte al territorio calabrese; ad esempio le quattro statue di Santa Lucia, Santa Caterina, San Pietro e San Paolo per la chiesa di dei santi Pietro e Paolo a Morano(CS), il Tabernacolo con angeli della chiesa di Santa Maria Maddalena sempre a Morano, la Santa Lucia della chiesa dell’Immacolata a Polistena e molte altre. Inoltre, a Napoli lavorò anche per la Certosa di San Martino, per il Duomo, e per altre importanti fondazioni religiose. Infine completò la sua carriera a Roma, dove si trasferì definitivamente a partire dal 1606, ricevendo incarichi da committenti importanti come gli Aldobrandini o i Borghese. Muore nel 1629.
Fonti di ricerca
A.Migliorato – Un Laocoonte inedito e altre note per Pietro Bernini – (pubblicato in Commentari D’Arte n. 18-19, VII, 2001)
https://turismo.reggiocal.it/pinacoteca-civica/patrimonio/laocoonte
http://www.comune.reggio-calabria.it/online/Home/AreeTematiche/Sociale/Anziani/articolo105274.html
https://www.analisidellopera.it/laocoonte-e-i-suoi-figli/